Albenga e il territorio

Morteo. Fondato nel 1200 circa il centro scomparve improvvisamente verso la fine del ‘500

Morteo. Fondato nel 1200 circa il centro scomparve improvvisamente verso la fine del ‘500
Morteo. Fondato nel 1200 circa il centro scomparve improvvisamente verso la fine del ‘500

Mortedo, Murtedo, Multedo… sono molti i nomi con cui in passato era noto questo piccolo paese alle spalle di Campochiesa. Il suo nome viene fatto risalire a “murta”, la pianta di mirto che cresce spontanea nella zona ed in epoca medievale era utilizzata per la concia del cuoio.
I primi testi che citano questo paese risalgono al 1225 e fanno riferimento alle contese tra Comune di Albenga e Vescovo che rivendicavano rispettivamente il dominio territoriale e temporale sulla zona. Dai documenti emerge che, dopo lunghe contese, nel 1314, Morteo e alcuni piccoli centri limitrofi siano passati al Comune ingauno.
Spiega Andrea Cafueri, appassionato di storia locale: “Il paese probabilmente è del 1200 circa; passeggiando per gli uliveti ci si può ancora imbattere in antiche strutture abitative o di utilizzo come il frantoio o la fontana del paese. Esiste addirittura ancora una casa dell’epoca, tutt’ora abitata”.
Risale al 1498 la “nascita” della cappella di San Sebastiano: un generoso donatore, che le fonti identificano con il nome di Alberto Moreno, donò in questa data un terreno per consentire la costruzione di una cappella e rendere così più agevole agli abitanti del luogo le pratiche religiose che fino a quel momento si erano tenute presso la lontana chiesa di San Giorgio de Pratis.
Nel 1326, Campochiesa e Morteo, insieme, contavano circa 50 famiglie. Nel 1539, Morteo era ancora censito nel catasto del territorio di Albenga e vi si contavano 19 uomini che potevano remare sulle galee. Risulta non più abitata a partire dal 1571.
Un’antica leggenda, riportataci da Giorgio Lanteri, esperto di storia locale, narra che questa zona fu improvvisamente abbandonata a causa di un’invasione di termiti ma molto probabilmente la regione concreta fu un’epidemia o anche la necessità di avvicinarsi alle principali vie di collegamento per facilitare contatti e commerci, una volta debellata o ridotta la minaccia di attacchi saraceni.
Anche la piccola chiesa di Morteo viene quindi abbandonata, sconsacrata agli inizi del ‘600, viene venduta dalla Curia alla famiglia Della Valle ed utilizzata come fienile.

San Sebastiano: un piccolo gioiello tra gli ulivi

Superando il paese di Campochiesa ed addentrandosi per circa 2 chilometri tra uliveti e macchia mediterranea, si raggiungono i resti del paese di Morteo che affiorano quasi improvvisamente tra ulivi secolari. La passeggiata che conduce a questi ruderi ed alla chiesetta di San Sebastiano è una vera scoperta: una vista mozzafiato si apre dal versante della collina per abbracciare la piana di Albenga, con le sue maestose torri, il mare e l’isola Gallinara, fino ad indovinare, nelle giornate più terse i contorni della Corsica.
In questo contesto da favola emerge il piccolo luogo di culto, riportato alla vita (civile e religiosa) da un gruppo di persone che caparbiamente è riuscito in un’impresa che, nel nostro bel paese, spesso risulta impossibile. La Confraternita di San Giovanni Battista di Campochiesa, in pochi anni, ha saputo trasformare un ammasso di ruderi in un piccolo gioiello architettonico e, sotto lo sguardo vigile della Soprintendenza, ha rimesso a nuovo questa cappella, nel rispetto delle sue caratteristiche architettoniche e stilistiche.
Giorgio Lanteri e Andrea Cafueri parlano con orgoglio del lavoro svolto dalla loro Confraternita: “A partire dal 2009 c’è stato un rinnovato interesse per questo edificio che, nel frattempo, era caduto completamente in rovina: rimanevano in piedi solo pochi frammenti di muri ed un bellissimo affresco restaurato dalla famiglia proprietaria del rudere, i Della Valle, proprio quest’opera aveva suscitato l’interesse del FAI (Fondo Italiano per l’Ambiente). L’attenzione posta sulla piccola chiesetta ha da subito messo in evidenza la necessità di un restauro completo per recuperare questo piccolo gioiello; noi, come Confraternita, non potevamo intervenire economicamente a sostegno di un bene privato. Quando è emersa questa situazione l’ingegnere Emanuele Della Valle, con grande generosità, ci ha donato la struttura e così la nostra confraternita ha potuto dare il via ai lavori di restauro nel 2010”.
Un lavoro lungo e paziente, partito con il recupero del materiale da costruzione presente a terra e proseguito con la riedificazione dell’edificio, sotto il controllo della Soprintendenza.
“Abbiamo fatto un lavoro molto accurato – continua Lanteri – anche il tetto, per esempio, è stato riedificato esattamente come doveva comparire nel ‘400”.
“Reperire i fondi non è stato facile – spiega Cafueri - ma grazie anche all’impegno di tutta la comunità di Campochiesa, che ha donato quanto raccolto con sagre e feste di paese, siamo riusciti, in un lasso di tempo relativamente breve, a completare l’opera”.
L’interno dell’edificio è sorprendente nella sua semplicità: un’unica navata a pianta longitudinale, orientata con l’abside rivolto ad est, verso il mare, un soffitto con volte a crociera, crollato probabilmente per il terremoto del 1887, e due affreschi di grande bellezza.
Spiega Lanteri: “L’affresco cinquecentesco che decorava l’abside era composto dall’Annunciazione alla presenza di Dio Padre e della Colomba dello Spirito Santo. La parte centrale era occupata da una Madonna in trono con Bambino: sul Cristo, seduto in braccio alla madre, si può notare una collanina con un rametto di corallo, all’epoca simbolo di buon auspicio e augurio di salute. Questa caratteristica, insieme all’intitolazione della cappella a San Sebastiano, alla presenza dei santi medici Cosma e Damiano, alla raffigurazione, nell’affresco sulla parete di destra, di Sant’Antonio con i campanelli (simbolo di peste n.d.r.), sono elementi riconducibili al periodo difficile, forse di malattie e pestilenze, attraversato dalla popolazione negli anni in cui venne eretta la chiesetta”.
Ai lati della Madonna sono presenti due coppie di Santi: San Sebastiano e San Giacomo a destra, i santi Cosma e Damiano a sinistra.
Una particolarità riguarda il volto di questa Madonna che venne asportato probabilmente attorno agli anno 80/90 del Novecento ed è stato quindi ricostruito a spolvero grazie a una foto di Angelo Gastaldi datata 1968.
Altro affresco di grande pregio è quello della deposizione, che si trova sulla parete di destra dell’edificio. La particolarità sta nella rappresentazione dello sfondo che raffigura, in modo inedito, un paesaggio reale: le torri di Albenga, che probabilmente lo sconosciuto artista dei primi del ‘500 poteva ammirare dalla piccola finestrella posta proprio a fianco dell’affresco. Abbiamo quindi la possibilità di vedere una “istantanea” di Albenga di fine medioevo.
Il restauro della piccola chiesa è terminato nel 2015 ed il 5 giugno 2016 l’edificio, già consacrato poco prima, è stato inaugurato.
Da allora ogni anno si tiene in quella data un pellegrinaggio che dal paese porta i fedeli alla cappella per seguire la messa e dar vita ad una piccola feste.
Spiega Andrea Cafueri: “Quest’anno la festa sarà il 4 giugno e naturalmente chiunque volesse partecipare sarà ospite gradito”.

Lo sapevate che...

La “riscoperta” di questo luogo di culto ha messo in moto una serie di ingranaggi virtuosi che hanno permesso anche un recupero turistico di quest’area: oggi sono molti gli escursionisti che percorrono i sentieri della zona in bicicletta o a piedi e molte sono anche le scolaresche che vengono a visitare questo edificio
Partendo dal paese di Campochiesa si prosegue per 2,5 km oltre il viadotto autostradale; la chiesetta di Morteo sorge in una fascia di ulivi a 130 metri di quota.
Gli agriturismi di Campochiesa, “Il Colletto” e “Lavanda in fiore”, sono in prima fila nell’organizzazione di gite ed escursioni alla scoperta di questa meraviglia e del territorio circostante.

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