Albenga e il territorio

La Gallinara: storia dell’isola di Albenga

La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga
La Gallinara: storia dell’isola di Albenga

Isola Gallinara: chi non si è mai chiesto da bambino per quale motivo l’isola di Albenga abbia questo strano nome anche se sembra una tartaruga?
Sulle carte geografiche quest’isola è indicata come Gallinara, anche se i puristi vorrebbero tornare al suo nome originario, quello di Gallinaria che ci hanno trasmesso le fonti latine: due grandi scrittori romani di agricoltura, Terenzio Varrone e Lucio Columella ricordavano l’esistenza di numerose galline selvatiche o inselvatichite, da cui la Gallinaria avrebbe appunto preso il nome, sfuggite forse dalla stiva di qualche imbarcazione.
La storia dell’isola Gallinara e della sua frequentazione si perde nel più lontano passato: fu approdo di marinai fenici, greci e romani, come testimoniano i relitti ed i manufatti ritrovati sul fondale e risalenti in alcuni casi al V secolo a.C. Reperti vari sono conservati oggi nel Museo Navale di Albenga e proprio attorno a quest’isola avvenne il primo recupero subacqueo della storia, effettuato da Nino Lamboglia nel 1950.
L’isola fu senz’altro abitata fin dal soggiorno di San Martino di Tours, tra il 356 ed il 360. Rimase proprietà religiosa per secoli e nel 1162, per ripararsi da una tempesta mentre è in fuga da Federico Barbarossa, approda nell’isola anche papa Alessandro III. L’isola ospitò uno dei più importanti monasteri benedettini dell’Italia settentrionale, dotato di vasti possedimenti anche in Francia e in Spagna. Tale ricchezza era documentata anche nella stessa Albenga dove il monastero di San Calocero rimase per lungo tempo dipendenza in terraferma della abbazia dell’isola Gallinaria, fino a quando, nel 1367, il Vescovo Fieschi lo acquistò per cederlo alle monache benedettine. Molti studiosi attribuiscono proprio ai Benedettini della Gallianra l’invenzione delle “fasce” e la promozione della coltivazione delle “taggische” nel Ponente ligure. I Benedettini non avevano mancato di mettere a dimora alcune piante sulla loro isola e l’olio della Gallinara era spesso il primo del territorio perché ricavato da piante esposte meglio. Dopo quasi un millennio di vita, il monastero comincia a decadere e viene definitivamente abbandonato nel 1473.
Risale al 1586 il torrione centrale ancora oggi visibile sulla sommità dell’isola che venne fatto erigere dal podestà di Albenga Galeazzo Di Negro in funzione di avvistamento contro le scorrerie saracene. Nel 1680 la proprietà dell’isola passa al vescovo del capoluogo ingauno e nel 1866 monsignor Raffaele Biale la vende al banchiere di Porto Maurizio Leonardo Gastaldi. Nel 1905 la proprietà passa a Michele Riccardi che fa costruire la chiesetta neoromanica intitolata naturalmente a San Martino e ancor oggi visibile. In anni più recenti Riccardo Diana costruisce un porto, una splendida villa e una grande piscina.
Dal 1988 l’isola è parco regionale protetto, e ospita (secondo il censimento del botanico Orsino del 1982) oltre 27 diverse entità vegetali, con specie rare risalenti al terziario. Inoltre qui nidificano molti uccelli marini come i gabbiani reali e il cormorano; tra gli animali rari di particolare importanza è il colubro lacertino, un serpente molto raro.

L’isola del gallo

Il fascino che esercita l’isola Gallinara è stato colto da Rocco Luca, insegnante in pensione con la passione per la storia locale medievale. Dopo anni di ricerca e diversi saggi divulgativi sull’argomento, Rocco Luca ha deciso di cimentarsi in un romanzo storico che, muovendo da un fatto storico reale, crea suggestione che tengono il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Spiega l’autore: “Il fascino legato all’isola Gallinara è quello di un luogo vicino ma in qualche modo inafferrabile, la sua storia è talmente tanto ricca e variegata che è diventata spunto per questa avventura letteraria: la grande Storia, quella che si studia a scuola per intenderci, è il risultato di tante storie individuali che lasciano pochissime tracce negli archivi e che possono perciò essere raccontate solo per mezzo della narrazione emotiva. Albenga, poi, è il luogo ideale per fare da cornice ad una simile avventura: qui è ancora possibile toccare con mano la storia che compare in ogni angolo del meraviglioso centro storico cittadino”.
Infatti Rocco Luca parte proprio da un fatto storico per creare il suo romanzo: negli archivi è citato il rapimento di una abitante di Albenga, una giovane e bella ragazza chiamata Tommasina, ordito dall’abate Arnaldo che all’epoca aveva il controllo sulla Gallinara e su un gran numero di possedimenti da Albenga al Portogallo. Il fatto aveva scatenato le ire popolari anche perché non era il primo sopruso perpetrato dall’abate e quindi, nonostante fosse un uomo la cui potenza era soggetta solo all’autorità papale, i potenti della città (dal podestà al vescovo) decisero di intervenire per evitare tumulti ben peggiori tra le mura di Albenga. Qui la “piccola storia” di Tommasina (ribattezzata Margherita nel libro) si intreccia con la “grande storia” dei rapporti tra Genova, Albenga e il re castigliano Alfonso X.
Dice l’autore: “Il titolo stesso è un richiamo al carattere e alle attitudini dell’abate Arnaldo: se la Gallinara era storicamente l’isola delle galline, con lui era diventata l’isola del gallo, cioè di un uomo arrogante e prepotente, che aveva preso i volti non certo per vocazione ma in quanto figlio cadetto di una nobile e potentissima famiglia genovese. La storia si svolge in un lontano medioevo (siamo attorno al 1278) ma parla di sentimenti, passioni e stati d’animo che sono fuori dal tempo”.
Impossibile rimanere estranei alle avventure dei protagonisti che si muovono su uno sfondo storico ben definito e, per certi aspetti, ancora molto attuale: il rafforzamento di un’economica commerciale e finanziaria; il difficile rapporto tra religioni differenti; la condizione femminile di allora, forse non del tutto diversa da quella di oggi.
Un romanzo da leggere tutto di un fiato, perché no, sotto un ombrellone e con l’isola Gallinara all’orizzonte.

Alla scoperta della Gallinara

Oggi sono consentite le immersioni subacquee accompagnate dalle guide locali dei diving center convenzionati. Sui fondali e sulle pareti si possono trovare margherite di mare, spugne gialle anche
di grosse dimensioni, rare Chetaster longipes, e una grande abbondanza di vita bentonica.
La fauna è abbondante: Cernie, saraghi, murene, polpi, gronghi, triglie, corvine, tutti i pesci che normalmente vivono l’habitat della scogliera ligure. Da qualche anno troviamo anche pesci che arrivano da mari più caldi come il Barracuda ed il pesce Serra.
Imperdibile uno sguardo al Cristo Redentore posto sul fondale dell’isola nel settembre 1998. Si tratta di un’opera in bronzo del maestro veneziano Marco Brunazzi, alto m. 2,70.

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